Si conferma il trend di crescita della fiducia da parte degli imprenditori intervistati. Non ci sono segnali di robusto ottimismo, ma da qualche mese l'umore sta cambiando. L'aspettativa di un rafforzamento della ripresa è confortata dalla percezione di segnali che la presagiscono. Speriamo non sia un'illusione.
INDICE DI FIDUCIA SUGLI INVESTIMENTI IN INNOVAZIONE TECNOLOGICA La misura della propensione agli investimenti in innovazione tecnologica
IFIIT MONTHLY REPORT - INDICE IFIIT DEL MESE Novembre 2015 - Numero di sintesi: 35,80 1) I DATI DEL MESE
Quadro di sintesi dei dati rilevati nel mese.
- Ancora un rialzo per l’Indice Ifiit, che si porta a 35,80 punti dai 35,40 del mese precedente, a conferma di una tendenza positiva, anche se non vigorosa, ma tuttavia segnata da una costanza degna di attenzione. Infatti, pur tra alterne vicende, l’indicatore è in risalita dal minimo toccato nell’ottobre del 2014, poco sotto i 32 punti.
- Nell’arco di un anno si è allargata la base delle imprese che stanno avviando progetti di innovazione tecnologica, di processo e di prodotto.
- Segni di una certa vitalità si riscontrano per la prima volta anche nel settore edile, dove si manifestano le intenzioni di acquisire nuovi macchinari per i cantieri e nuovi sistemi per la progettazione (ma solo in alcune aree del Nord).
- In questo quadro di una ripresa della fiducia e dell’ottimismo non c’è una distribuzione paritaria tra le parti del Paese. Anziché ridursi, pare invece allargarsi il gap esistente tra le aree più produttive e quelle più arretrate (tipicamente ampie zone del Meridione, tra cui la Sicilia, la Campania e la Calabria).
- I settori più interessati all’avvio di progetti di innovazione tecnologica sono l’avionico-difesa, il meccanico fine, il chimico-farmaceutico, i trasporti e gran parte del comparto energetico.
- Restano sostanzialmente stabili e allineati all’indice i comparti bancario e dei segmenti tradizionali del made in Italy, della moda e dell’arredamento, insieme all’agroalimentare e alla logistica. In ripresa il comparto edile e della progettazione.
- Ancora deboli il mondo artigianale e quello del commercio al dettaglio, soprattutto nelle aree periferiche e rurali.
- Per il 72% degli intervistati il nostro Paese ha un gap infrastrutturale rispetto alle nazioni industriali più avanzate.
2) RAPPORTO SYMBOLA – GREEN ECONOMY ITALYA 2015
La ricerca in sintesi La green economy in Italia è ormai un’occasione colta, più che un dover essere. Lo dicono i numeri. Quelli di GreenItaly 2015, il sesto rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai, che misura e pesa la forza della green economy nazionale, secondo cui un’impresa su quattro dall’inizio della crisi ha scommesso su innovazione, ricerca, design, qualità e bellezza, sulla green economy. Sono infatti 372.000 le aziende italiane (ossia il 24,5% del totale) dell’industria e dei servizi che dal 2008 hanno investito ogni anno in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. L’orientamento green si conferma un fattore strategico per il made in Italy: alla nostra green economy si devono 102,497 miliardi di valore aggiunto - pari al 10,3% dell’economia nazionale - e 2milioni 942mila green jobs, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’. Una cifra che corrisponde al 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale ed è destinata a salire ancora entro dicembre. Dalla green Italy infatti arriveranno quest’anno 294.200 assunzioni legate a competenze green: ben il 59% della domanda di lavoro. Presentato a Roma il 30 ottobre 2015, GreenItaly 2015 ci dice che la green economy è un paradigma produttivo sempre più forte e diffuso nel Paese. In termini di imprese, che in numero crescente fanno scelte green. Solo quest’anno, incoraggiate dai primi segnali della ripresa, 120mila imprese hanno investito green, o intendono farlo entro dicembre, il 36% in più rispetto al 2014. E in termini di risultati, nei bilanci, nell’occupazione e nelle performance ambientali del Paese, che rendono l’Italia, nonostante i tanti problemi aperti, il leader europeo in alcuni campi dello sviluppo sostenibile. Uno ‘spread verde’ che indica la direzione da seguire, un dato importante in vista dell’importante vertice Onu sul clima che a dicembre riunirà il mondo a Parigi. Nel nostro Paese, come ci dicono i numeri di Symbola e Unioncamere, la green economy ha contribuito e sta contribuendo in modo determinante a rilanciare la competitività del made in Italy. Per questo, nonostante le difficoltà, dall’inizio della crisi più di un’azienda su quattro ha scommesso sul green. Una propensione che abbraccia tutti i settori della nostra economia - da quelli più tradizionali a quelli high tech, dall'agroalimentare all’edilizia, dalla manifattura alla chimica, dall'energia ai rifiuti – e che sale al 32% nel manifatturiero. Una scelta che paga.
Le imprese green sono protagoniste dell’export e dell’innovazione Le aziende della green Italy hanno infatti un dinamismo sui mercati esteri nettamente superiore al resto del sistema produttivo italiano: esportano nel 18,9% dei casi, a fronte del 10,7% di quelle che non investono nel verde. Nella manifattura il 43,4% contro il 25,5%. E sono più presenti nei mercati extra-europei. Ancora, le imprese green innovano di più delle altre: il 21,9% ha sviluppato nuovi prodotti o servizi, contro il 9,9% delle non investitrici. Spinto da export e innovazione, il fatturato è aumentato, fra 2013 e 2014, nel 19,6% delle imprese che investono green, contro il 13,4% delle altre. Percentuali che nel manifatturiero salgono al 27,4% contro il 19,9%. Anche nel creare lavoro la sostenibilità è un driver importante, sia tra le imprese eco-investitrici che tra le altre. Il 14,9% delle assunzioni previste per il 2015 (74.700 posti di lavoro) riguarda green jobs, soglia cresciuta di 4 punti percentuali rispetto al 2009. Nell’area aziendale della progettazione e della ricerca e sviluppo si arriva al 67%, con i green jobs che diventano i veri protagonisti dell'innovazione. Se poi andiamo oltre lo steccato dei green jobs propriamente detti e guardiamo anche alla richiesta di figure professionali con competenze green, vediamo che le assunzione con questi requisiti sono 219.500. Nell’insieme si arriva a ben 294.200 lavoratori ‘green’, il 59% della domanda di lavoro. Anche le nostre piccole e medie imprese portano il loro importante contributo e primeggiano a livello europeo sul fronte della ‘riconversione verde’ dell’occupazione: dalla fine del 2014, il 51% delle Pmi italiane ha almeno un green job, più che nel Regno Unito (37%), Francia (32%) e Germania (29%). Negli anni più duri della crisi, insomma, l’Italia ha saputo guardare avanti, rafforzare la propensione ad innovare e la capacità di competere nel mondo puntando sul green. E così facendo si è affacciata su una dimensione più collaborativa dell’economia e ha incoraggiato il diffondersi di nuovi stili di vita, più attenti all’ambiente come bene comune. Una nuova economia su cui puntare con ancora maggior decisione, da sostenere, e che può rappresentare la dote dell’Italia per la Conferenza Onu sul Clima di Parigi.
Geografia degli eco-investimenti La green Italy è diffusa in modo piuttosto uniforme lungo tutto lo Stivale, ma trova nel Nord del Paese il suo punto di forza. Più nel dettaglio, la Lombardia è la regione che guida la classifica regionale per numero delle imprese green, con quasi 71.000 casi che rappresentano poco meno di un quinto del totale. Seguono a distanza Veneto e Lazio, che si attestano sulle quote di 34.770 e 31.010 imprese green, poi Emilia Romagna e Campania, rispettivamente con 30.710 e 27.920 realtà che hanno investito per migliorare le loro performance ambientali. E quindi troviamo Piemonte con 27.330 imprese green, Toscana attestata sulla soglia di 26.770, poi Puglia con 23.300 casi, Sicilia 22.520 e ancora Marche 10.800.
Dove e quali sono i più richiesti green jobs Vista la presenza prevalente di imprese green nel Nord-Ovest, anche la diffusione geografica della domanda di green jobs riproduce quella delle imprese green e vede una marcata concentrazione nel Nord-Ovest, dove le assunzioni previste per il 2015 arrivano a sfiorare le 26.000 unità, di cui ben 19mila solo in Lombardia. Buone prospettive per le assunzioni dal mondo della green economy anche nel Nord-Est, dove le assunzioni di green jobs programmate entro l’anno sono quasi 16mila, grazie soprattutto alla presenza del Veneto, dove se ne contano 6.210 unità. La macroripartizione Sud e Isole conta su un numero di assunzioni di green jobs previste nel 2015 di 17.600 unità, mentre il Centro si attesta a 15.170, 9.410 delle quali nel Lazio (regione in seconda posizione dietro la Lombardia nella graduatoria per numerosità assoluta di assunzioni di green jobs). Tra le regioni più virtuose su questo fronte citiamo anche l’Emilia Romagna (6.390), il Veneto (6.210) e la Campania (5.030). Scendendo nel dettaglio provinciale, troviamo sul podio, con il più elevato numero di assunzioni di green jobs programmate per quest’anno, la provincia di Milano (11.450 unità), cui seguono la provincia Roma (8.060), Torino (3.110) e Napoli (2.860). Tra le figure professionali verdi, i green jobs più richiesti sono: l’installatore di impianti termici a basso impatto, l’ingegnere energetico, il tecnico meccatronico, l’ecobrand manager, l’esperto di acquisti verdi, l’esperto in demolizione per il recupero dei materiali, l’esperto del restauro urbano storico, il serramentista sostenibile, l’esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo, il programmatore delle risorse agroforestali, l’esperto in pedologia – la scienza che studia il suolo, la genesi, sua composizione, le variazioni, soprattutto a fini agricoli -, l’ingegnere ambientale, lo statistico ambientale e il risk manager.
· Ifiit è un marchio registrato a livello comunitario · IMR – Ifiit Monthly Report è coperto da Copyright dal 2007 Ifiit è l’Indice di Fiducia sugli investimenti in innovazione tecnologica, accreditato presso il Ministero dello sviluppo economico e l’Agenzia dell’Innovazione. IfiitMonthly Report è una sintesi di un’attività di ricerca sulla fiducia in investimenti tecnologici che mensilmente viene effettuata su un campione qualificato e rappresentativo dell’economia italiana. Lo staff di Ifiit, un network di ricercatori volontari, si avvale di un Focus Group, costituito in prevalenza da operatori qualificati e da esperti accademici, per l’interpretazione dei dati e delle tendenze. Per le sue caratteristiche di indice di fiducia, Ifiit si presta ad essere consultato anche come strumento previsionale dei cicli economici. Indice Ifiit Via Pisanello 8 20146 Milano Supervisor Paolo Gila
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