Mentre una grande azienda italiana stata facendo un sondaggio interno sul tema dello smart working, il Forum propone qualche riflessione, certo non esaustiva, ma speriamo utile per lo sviluppo di progetti di successo in questo settore.
Non sono mai stato troppo favorevole all’uso deflazionato del termine “smart”, anche perché il vero problema sta nel fatto che né il lavoro né il lavoratore possono diventare smart se non lo sono prima l’organizzazione e chi la dirige.
Posto di lavoro fisico Sin dai primi anni ’80 si era iniziato a parlare di posto di lavoro condiviso. I principali ambiti di applicazione erano i call center e gli uffici commerciali. I primi ospitavano turni di operatori h24 7/7, i secondi erano dedicati a venditori che rientravano occasionalmente in sede. Anche il layout degli uffici cambiò, si videro sempre più spazi aperti adatti alla condivisione, con un layout flessibile per rispondere alle esigenze delle modifiche organizzative. Verso il workspace change management. Negli anni più recenti si accentua l’outsourcing dei processi aziendali e cresce la filiera dei partner/fornitori. La ricerca dell’efficientamento rende le organizzazioni sempre più piatte, mentre a ciascun addetto si richiede una crescente flessibilità. Tale evoluzione ha portato ad una disintermediazione del luogo dove viene svolta la prestazione di lavoro rispetto alla stessa, e questo fenomeno interessa un numero rilevante di persone. Con un tablet si può lavorare su un treno, da casa in wifi, o in spazi di coworking, sempre più diffusi e facili da raggiungere.
Tecnologia Oggi il ruolo della tecnologia non è ritenuto prioritario, ma non tutti i problemi su questo versante sono stati risolti. Non credo che tutto sia disponibile e facile da attivare e penso che la tecnologia è, e resta, un importante fattore abilitante, che va conosciuto e gestito bene. Si deve tener conto della disintermediazione in azienda: ormai non è più un unico dipartimento a tenere sotto controllo budget e conoscenza ICT, in quanto altre funzioni stanno diventando autonome. Ove si è diffuso il modello Byod anche il singolo collaboratore può scegliere il suo device e si collega in cloud ad archivi e applicazioni aziendali. Ciò produce vari problemi dal punto di vista della sicurezza, dei costi di gestione, di allineamento e integrazione dei servizi forniti.
Mezzi di trasporto Le statistiche confermano che in Lombardia, e a Milano in particolare, negli ultimi anni si è registrato un calo importante nelle immatricolazioni delle auto, a causa dei nuovi modelli di organizzazione del lavoro e del tempo libero e della diffusione di nuove modalità di impiego dei mezzi di trasporto. Il settore auto presenta vari esempi di condivisione - social sharing, zip cars - e di interazione e selfservice - App con richiesta corsa auto e pagamento.
Innovazione La nuova organizzazione delle attività lavorative non è sempre applicabile, molto dipende dalle dimensioni e complessità aziendali, dai settori di mercato in cui l’azienda opera (incidenza addetti che operano in mobilità), dai processi svolti e dalla rilevanza attribuita alla funzione interessata in azienda. Quindi, più che sul concetto di “smart” ragionerei su quello dell’”innovazione” applicata ai temi di: condivisione, collaborazione, interazione, self-service ed esperienza. Va ricordato che l’innovazione non è il prodotto di azioni sequenziali, ma il risultato di persone che interagiscono dinamicamente in un modo spesso disordinato e dinamico, è un processo che avanza in modo non lineare e con molti controlli a posteriori. In breve, nel caso dello smart working, innovazione significa cambiare le regole consolidate nella relazione tra controllo/sanzione e delega/responsabilizzazione.
Argomento di moda Sebbene questo genere di innovazione sia caratterizzato da molti stop and go, vari incentivi all’azione sono oggi evidenti e molti di questi vengono confermati dalle analisi dei casi di successo (spesso si tratta di minori costi sia per il dipendente che per l’azienda). Ma riteniamo che oggi un incentivo tra tutti sia determinante: lo smart working è un argomento di moda, che offre alla funzione del personale HR l’opportunità di porsi in una nuova luce e di contribuire a cambiare l’approccio culturale al lavoro. Tuttavia, questo tipo di progetto ha portata strategica e non può essere assegnato prioritariamente ad una funzione aziendale, ma deve rappresentare una sfida di crescita complessiva per imprese private e pubbliche.
Livello di adozione Tale crescita può essere monitorata attraverso un programma centrato sull'adozione delle tecnologie o, meglio, dei servizi di Unified Communication e Social Collaboration, che, suggeriamo, si sviluppi come segue:
- Favorire l’utilizzo di UCC+Social
Indagine per capire il processo di adozione e sviluppo di soluzioni UCC. Ovvero, come coinvolgere l'intera struttura aziendale, come misurare il successo del progetto e la motivazione e la formazione degli utilizzatori finali dei servizi. Di norma dalle indagini risulta come sia fondamentale favorire l'adozione più capillare possibile dei nuovi servizi nelle organizzazioni.
- Costruire un Programma di Adozione.
Attraverso sessioni di sensibilizzazione e formazione, mediante il supporto di “ambasciatori della comunicazione collaborativa” e con vari strumenti: questionari di avvio, portale e social network (informazione, supporto, coinvolgimento, creatività e propositività dal basso), incentivi per migliorare l’impiego di UCC.
- Essere consapevoli
Le tecnologie abilitano, ma non garantiscono da sole il successo di un progetto UCC+Social. Bisogna intervenire anche sugli stili di leadership e sui comportamenti delle persone. Uno dei modi é quello di riconoscere l’innovazione premiando le best practice (M.M.).
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