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Per i lavoratori della conoscenza

Giovedì 11 Aprile 2013 15:19

I knowledge workers possono svolgere il loro lavoro ovunque, ma oggi preferiscono gravitare in ambienti che favoriscano le loro attività, vere e proprie oasi dove incontrare persone con interessi affini.

Nell'articolo "La terza ondata del lavoro virtuale", pubblicato sul numero di gennaio/febbraio 2013 di Harward Business Review (autori Tammy Johns e Lynda Gratton), vengono individuate tre fasi di sviluppo dei lavoratori della conoscenza.

  • Ondata 1) freelance virtuali (1980-1990).
    "Nei primi anni ottanta la nuova connettività consentiva a un individuo - che avrebbe altrimenti lavorato all'interno di un'azienda, o presso una società specializzata di servizi - di mettersi in proprio. Mettendosi l'ufficio in casa, (gli addetti) hanno assunto il controllo degli orari, dei processi, e soprattutto della sede di lavoro".
  • Ondata 2): colleghi virtuali (2000-2010).
    "Ancora una volta, la tecnologia aiuta a vincere le preoccupazioni e consente ai dipendenti la libertà di lavorare ovunque e in qualunque orario. Tuttavia i primi esperimenti di knowledge work decentrato effettuati dalle aziende si rivelavano spesso deludenti perché i dipendenti, i manager e i massimi dirigenti faticavano ad apprendere nuove modalità di gestione dei collaboratori e di misurazione della performance".
  • Ondata 3): dipendenti virtuali (fase attuale).
    "Un obiettivo primario della nuova tecnologia che caratterizza questa terza ondata è dare ai lavoratori la sensazione di trovarsi in un ambiente condiviso. Ma le piattaforme virtuali possono arrivare solo fino a un certo punto. Le organizzazioni e i lavoratori stanno investendo anche in un ritorno alla compresenza fisica degli addetti".

Queste fasi di sviluppo suggeriscono alcune strategie per agevolare il cambiamento delle organizzazioni e degli individui. Sono individuabili queste cinque aree:

1) Collaborazione e fiducia
I responsabili devono attuare una leadership per obiettivi, rinunciando al controllo, ma definendo e comunicando bene ruoli ed impegni di ciascun collaboratore.

2) Layout di lavoromani
Nuovi ambienti comuni possono facilitare cambiamenti nei processi e innovazioni sui prodotti. In alcuni casi gli spazi possono essere condivisi anche da aziende diverse e/o da aziende appartenenti alla stessa filiera.

3) Specializzazioni remote
La crescita delle competenze specialistiche e la loro dispersione territoriale richiede capacità di aggregazione dei flussi di lavoro su finalità e con un opportuno impiego di spazi condivisi e tecnologie comunicative.

4) Tecnologie facili da usare
Più la tecnologia impiegata in azienda è simile a quella usata in casa più rapidamente viene adottata. Ad esempio le emoticons integrate nelle soluzioni UCC sono state pensate per il mondo consumer.

5) Prima il dipendente
Vengono promossi approcci individuali con flessibilità su orari e tentativi di soddisfare singole esigenze, fortemente variabili in rapporto alle esigenze della vita di ciascuno.   

Conclusioni
Oggi il vero investimento di una organizzazione - e di ciascuno dei suoi collaboratori - sembra essere quello che sta entro il perimetro della "collaborazione".

  • La virtualizzazione deve consentire di raccogliere i benefici del posto di lavoro tradizionale.
  • Il lavoro di gruppo non può segmentare e distribuire troppo le attività.
  • Devono essere recuperati e valorizzati la condivisione delle aree di intervallo e l'informalità degli incontri che in esse si svolgono.

In questo scenario, le tecnologie UCC devono continuare a soddisfare le esigenze degli utilizzatori, per raccogliere il meglio dal modello glocal, comunità locali in un mondo globale.

Ultimo aggiornamento Lunedì 22 Aprile 2013 17:21