E' stato presentato il nuovo Osservatorio "Smart Working, Ripensare il lavoro, liberare energie", a cura della School of Management del Politecnico di Milano.
Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio, ha aperto il convegno dichiarando che sono stati coinvolti nella ricerca 65 Direttori HR, 88 CIO, 80 Responsabili di linee di Business e 1.000 impiegati e quadri di azienda (con CAWI condotta da Doxa).
La ricerca è stata impostata su tre ambiti: - lo spazio di lavoro fisico, ovvero collaborazione, apertura, flessibilità e benessere dei collaboratori, - lo spazio di lavoro virtuale, cioè la diffusione delle principali applicazioni e dei device ICT - le policy e le regole organizzative ed i modelli di lavoro, oltre i confini di spazio e tempo.
Effetto Telelavoro. A livello di Sistema Paese la diffusione dello smart working potrebbe portare ad una significativa riduzione degli spostamenti e quindi delle emissioni di anidride carbonica. In Italia 9 milioni di occupati (dirigenti, quadri e impiegati) utilizzano i mezzi di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro e di questi il 75,5% usa l'auto. Se il 10% lavorasse da casa in telelavoro per 100 giorni all'anno, si avrebbe una riduzione della produzione annua di CO2 di oltre 307mila tonnellate e le persone risparmierebbero tempo negli spostamenti (per il sistema nel suo complesso 47 milioni di ore all'anno) e denaro (complessivamente 407 milioni di euro all'anno). |
Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca, ha illustrato le iniziative del campione di aziende circa la trasformazione dello spazio, iniziative già introdotte o pianificate (vedere immagine sotto riportata). Nel caso dello spazio di lavoro, le maggiori barriere sono state riscontrate per le difficoltà imposte da vincoli normativi, per il rischio di effetti sulla produttività e per possibili conflitti sindacali. Per quanto riguarda le policy, le barriere sono state individuate per il timore di controllo, per l'isolamento e la mancanza di condivisione. Tra le flessibilità, di luogo e di orario, quest'ultima risulta la più introdotta nelle aziende, ma è anche riconosciuta solo a certe categorie di lavoratori.
Secondo i dati dell'Osservatorio, nonostante che le tecnologie siano sempre più diffuse nelle aziende e permettano di svolgere anche attività a distanza, soltanto il 5% dei lavoratori oggi si può definire "Smart Worker". In questo ambito la ricerca Doxa ha individuato tre profili di addetti: - "Distant o mobile worker", caratterizzato da maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi di lavoro, - "Flexible worker", con maggiore flessibilità per gli orari di lavoro in base alle proprie esigenze, - "Adaptive worker", chi utilizza propri device o strumenti aziendali scelti personalmente.
La ricerca evidenzia come i giovani non siano compresi nelle categorie degli smart worker. Il BYOD è di fatto molto poco praticato e, comunque, l'approccio principale resta quello relativo al risparmio. Tra le tecnologie il "Cloud" e il "Social" sono in forte crescita (a due cifre), mentre la "Collaboration" cresce di meno, ma ha anche un livello maggiore di maturità.
Resta molto da fare, poiché in Italia il livello di maturità delle organizzazioni nei confronti dello smart working è medio-basso. Infatti, secondo i dati comunicati dall'Osservatorio: - Policy. Ben il 58% del campione dichiara che non è possibile accedere a strumenti 2.0 esterni. - Cultura. Solo l''11% afferma che le persone sono disposte a lavorare in modo flessibile. - Commitment. Il 32% dei Manager sostiene di concede ampia delega decisionale. - Strumenti ICT. Solamente il 23% dice che gli strumenti a disposizione possono generare innovazione. - Spazio Fisico. Soltanto il 6% afferma che vi sono spazi dedicati a creatività ed innovazione.
Nel seguito si riportano brevi considerazioni tratte dagli interventi dei relatori presenti alla tavola rotonda.
- Franco Dradi, Research In Motion Italy. Si pone il problema del governo delle flotte mobili, della loro economicità, di fronte ad una crescente complessità di integrazione.
- Paolo Fortuna, Alcatel-Lucent Enterprice. E' smart worker chi utilizza bene la rete, servono aziende smart dal punto di vista organizzativo, ovvero la tecnologia è abilitante ma deve essere ben impiegata.
- Emiliano Massa, Websense. La fatica sta nell'innovare ed il manager deve saper riprogettare con maggiore proattività
- Salvatore Nappi, Telecom Italia. Il clound computing è un modello democratico, soprattutto perché disponibile anche per le PMI
- Greg Tyrrell, Plantonics. Gli utilizzatori sono entusiasti quando partecipano a progetti smart e le aziende possono ottenere benefici finanziari con risparmi anche sui consumi energetici.
- Paolo Cerino, Sacea. Il progetto happy manager comprende: piano salute, servizi di maggiordomo, mobility management e telelavoro.
- Vicenzo di Martino, Vodafone Italia. Si diffondono gli strumenti di collaborazione su gruppi di lavoro internazionali; é necessario lavorare sulla fiducia, per le diverse modalità di valutazione delle prestazioni.
- Francesco Fabbri, Gruppo Amadori. E' stato affrontato il tema della sicurezza per venire incontro a pressanti esigenze degli addetti e del management.
- Mario Perego, Heineken Italia. Occorre essere innovativi dentro, di fronte alla scarsità delle risorse, a partire dal tempo a disposizione, e mettere in atto una forte capacità di delega.
Al termine del convegno sono state premiate con lo "Smart Working Awards": Gruppo Amadori e Gruppo Sace. Una Menzione speciale "Smart Working Awards" é stata assegnata a Heineken Italia
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