E’ noto che l’introduzione di nuove tecnologie e servizi di Unified Communication & Social Collaboration richiede parallele evoluzioni organizzative verso strutture più piatte e agili. Prendendo atto che il nostro agire professionale di nativi analogici (invecchiati durante la trasformazione digitale delle aziende) sta cambiando, in quanto i flussi di lavoro diventano collettivi e tendono ad aprirsi, come nei social network, a contributi esterni o, quantomeno, ad attività di gruppi appartenenti alla filiera, partner e fornitori.
Diceva un relatore ad un convegno che, grazie all’adozione di soluzioni UCC, per tutti gli attori della filiera la situazione diventa win win… Mi sono permesso di precisare che questo è vero solo se tutti agiscono veramente convinti dei benefici che otterranno dai servizi UCC e dalla nuova organizzazione.
Prendiamo come riferimento la condivisione, ovvero la capacità di realizzarla e gestirla come la vera sfida per uscire dal convenzionale. Non considerando l'apporto dato dalla condivisione, i manager conservatori tendono a interpretare il lavoro agile come la possibilità di sfuggire al "controllo" dei capi. Chi, in azienda, resiste di più al cambiamento? Le Risorse Umane che controllano il flussi di lavoro o l’IT che controlla la tecnologia organizzativa? HR e IT sono certamente due blocchi importanti e possono rappresentare ostacoli di pari livello. Eppure, molti sono coloro che nei convegni testimoniano che, incentivando la revisione dei processi, ovvero la loro digitalizzazione, si avrebbe un risparmio economico ed un miglioramento della qualità della vita delle persone, lavoratori e utenti.
Le resistenze sono ancora alte e la lentezza decisionale è dovuta a vari fattori. Innanzi tutto la mentalità, maturità delle aziende, con poche strategie convincenti. Poi la reale comprensione e valutazione dei costi nelle varie componenti e, infine, il processo decisionale inefficace, soprattutto quando occorre valutare soluzioni ibride intermedie.
Ne consegue, per i vendor, un numero di trattative e di opportunità ancora inferiore alle attese. Bisogna agire sul mercato eleggibile ed accelerare il periodo di decisione. Serve avere a disposizione un "messaggio" che interessi veramente i decisori delle aziende. Anche se la logica consiglierebbe che si muovano per primi i vendor che influenzano di più la trattativa finale, tuttavia non va tralasciato l’effetto che può produrre ciascun attore della filiera dell’offerta.
Ad esempio, non va trascurata l’esperienza del coworking. L’innovazione del coworking nasce da esigenze di mercato e si relaziona con tutte le organizzazioni. Non è tanto una mera questione di spazi e di costi quanto della componente di condivisione e collaborazione. Facendo gruppo si è anche in grado di affrontare in modo più efficace il mercato ed ottenere economie di scala; e questo è vero soprattutto per le categorie di lavoratori considerati “liquidi” senza posti “fissi”. Ogni professionista ha la possibilità di avere una postazione di lavoro con connettività internet a larga banda con servizi ad esempio, la videoconferenza. Il coworking favorisce gli scambi interprofessionali per reciproco beneficio, costituisce un “humus” fertile per la nascita di imprese innovative.
Ai conservatori che temono il rischio che i collaboratori possano sfuggire al loro "controllo" suggeriamo qualche giornata lavorativa presso uno spazio di coworking, con l’obiettivo di capire dal vivo cosa sono la condivisione e la collaborazione.
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