Siamo in un momento di grande cambiamento dei modelli organizzativi, economici e sociali. Nel passato l’organizzazione burocratica diffondeva e promuoveva la tecnologia e in qualche modo l’innovazione. Oggi che la tecnologia spesso è più avanzata all’esterno che all’interno dell’azienda, l’organizzazione burocratica non riesce più a funzionare.
Capire la globalizzazione che stiamo vivendo, in questo contesto, è un compito che ogni giorno ci accingiamo a compiere. È infatti impossibile per ciascuno di noi ignorare che viviamo in un mondo fortemente interconnesso e sempre più piccolo. Ce lo ricorda lo smartphone che abbiamo in mano e tutti gli altri devices che utilizziamo durante la nostra giornata. Siamo locali, viviamo nel nostro territorio, ma allo stesso tempo siamo globali perché interconnessi con tutto il resto del mondo o perché siamo anche nomadi, ci piace visitare posti diversi, contaminarci con culture differenti o ne siamo costretti per motivi di lavoro, famigliari ecc. Anche se volessimo essere il più stanziali possibile, siamo comunque, a causa di una tecnologia sempre più esponenziale e invadente, costretti ad essere globali. Governi e politica in generale non sono più in grado di mettere in atto una governance dell’innovazione che appunto senza alcuna guida o educazione siamo costretti a subire e non a gestire responsabilmente, mentre tutti i nostri processi, le nostre abitudini, i nostri piani saltano come birilli. Come preparare i giovani a tutto questo? Una risposta potrebbe essere con l’apprendimento. Come tutti ormai sanno, nell’economia della conoscenza l’apprendimento giocherà un ruolo chiave per riuscire a sopravvivere nei mercati del futuro. Le imprese sono consapevoli di questo, ma oltre a ciò devono adeguare i loro sistemi di education per i manager del futuro. Generazione Z, millennians, nativi digitali, generazione screenagers, qualsiasi appellativo si voglia dare ai giovani nati nel pieno dell’era di internet, il comun denominare è l’uso quotidiano della tecnologia e dei social media in tutti le reti sociali in cui sono coinvolti. Già a due anni, la maggior parte dei bambini sa usare un tablet o uno smartphone per i giochi interattivi e crescendo si troveranno ad interagire con schermi sempre più funzionali che offrono loro stimoli sempre diversi. L’educazione, davanti a questo flusso di dati che avanza non può che cercare di adeguarsi perché i paradigmi educativi e scolastici sono fermi al ventesimo secolo, ma ad apprendere ci sono gli studenti del ventunesimo secolo. I ragazzi, quando iniziano il loro piano formativo, scolastico, educativo, si aspettano di imparare secondo il loro habitat naturale, che sono la rete e i social network ed invece, quasi sempre, si trovano ad assistere a lezioni che reputano noiose, poco coinvolgenti dove memorizzano i concetti per gli esami ma non sono messi nelle condizioni di contestualizzare quello che apprendono. Ken Robinson, in un suo intervento a TED, dice che la scuola uccide la creatività, che stiamo educando le persone escludendole dalla loro capacità creativa. Il sistema educativo è basato sull'idea di abilità accademiche perché fu creato per venire incontro ai fabbisogni industriali. “I dogmi del tranquillo passato sono inadeguati al burrascoso presente. La situazione è irta di difficoltà e dobbiamo essere all'altezza con la situazione.” diceva Abramo Lincoln e così, per Robinson, ciò che deve cambiare è la prospettiva perché l’educazione oggi si rivolge a giovani dell’economia post industriale non più giovani dell’era fordista. In un’epoca come la nostra, dove tutto è presente in rete, il solo recepire nozioni non ha più molto senso, occorre che i metodi e la programmazione si adegui a quella che è la realtà vissuta dai nostri giovani. La rivoluzione da intraprendere, dunque, è quella di far diventare il sistema educativo come leva di cambio e di trasformazione sociale e un suggerimento per il futuro, sempre secondo Robinson, può essere quello di adottare una nuova concezione di ecologia umana, nella quale cominciare a ricostruire la concezione della ricchezza delle capacità umane.
Roberto Panzarani Docente di "Innovation Management" e Presidente dello Studio Panzarani & Associates.
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